Andiamo a Pareggio

Costumi di San Costantino Albanese

E’ stato un ferragosto dimesso, quello appena trascorso. Tra un banchetto e un giro in surf, con il motoscafo o il catamarano ormeggiato al molo del porticciolo lucano, il pensiero è corso, inevitabilmente, al giro di vite che il governo ha varato proprio di questi tempi. La stangata fa rima con abbuffata e risparmia la scampagnata o la gita al mare di metà agosto. I problemi, almeno per un giorno, sono stati rinviati al dopo linguine allo scoglio, con il benestare di Tremonti che, a sua volta, paga dazio alla Merkel e a Sarkozy, studiando una manovra con sforbiciate considerevoli, ma necessarie ad anticipare il pareggio di bilancio. E, allora, verrebbe spontaneo chiedersi: “Dove andremo a finire”? Di sicuro, con l’andazzo che abbiamo preso, andremo a Pareggio. Non si tratta di una località turistica balneare e nemmeno di una meta sciistica. E’ un po’ l’isola che non c’è: una figura retorica e un luogo deputato alla sana amministrazione della cosa pubblica: insomma una località che tutti vorrebbero raggiungere. Il pareggio di bilancio, di questi tempi, è una cosa seria, il cui raggiungimento, una volta assunto come valore assoluto, finisce per determinare, inesorabilmente, i destini di un continente e di una nazione. E, prima ancora, di una regione, di una provincia che salta o di un comune che perde la propria identità. E’ buffo, considerare, però, come tutto questo si stia consumando nell’anno del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Le celebrazioni che hanno animato l’impegno degli italiani di tutta la penisola rischia, così, di apparire un contenitore vuoto. Quasi una vana rappresentazione teatrale di qualcosa che non c’è più, che sta per scomparire. E’ un po’ come la “Città dell’Utopia” che rispecchia quell’ideale socialista romantico settecentesco. In questi giorni di mezza estate, però, i sogni della gente lucana iniziano a diventare incubi. Si parla dell’introduzione di un ticket farmaceutico per ridurre il disavanzo del comparto Sanità. Si profila, dunque, un rapido allineamento regionale ai rigorosi parametri governativi. E, poi, la conclusione più amara, quasi un ammazza caffè, che viene proprio dalla parte più lontana della Basilicata. Da quel territorio del profondo sud lucano così dannatamente distante dal Palazzo: la Val Sarmento dove, per effetto della manovra del Governo, ben quattro comuni: Noepoli, Cersosimo, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese (questi ultimi due centri di etnia arbereshe), non esistono più. A questi si aggiunge anche Ginestra (sempre di etnia arbereshe), ma nel venosino, a comporre una cinquina maledetta che si unisce al piccolo paese di Cirigliano e all’intera provincia di Matera, salva solo per l’estensione territoriale. I sindaci di questi comuni hanno già chiamato a raccolta i colleghi degli altri paesi lucani, per dimostrare e protestare contro gli effetti nefasti di queste soppressioni che minano la vita, la storia e l’economia di comunità secolari. Tra colpi di sole, frattaglie e drastiche sforbiciate si consuma anche quest’estate lucana con la netta percezione che, a settembre, saremo tutti un po’ più poveri: nella tasca e anche nel cuore.