Le “Torri Gemelle” della politica lucana e i ronzii di via Anzio

E’ una Basilicata più povera, quella che sfoglia il calendario, al rientro dalle ferie estive. Gli effetti della manovra al centro dei pensieri e, negli occhi, il ricordo dell’11 settembre di dieci anni fa. Il terrore dipinto sul volto della gente abituata, sino a quella data, a camminare sul velluto e a scalare vette di cemento. La sicurezza e l’emblema della potenza sgretolato e tagliato, come il burro, da punte acuminate che falciano l’aria. Le torri gemelle, da quel momento, sono diventate l’emblema della fragilità dell’imperialismo statunitense. Le immagini di quella tragedia, riproposte dalle tv, hanno fatto riflettere anche gli italiani e i lucani. E, volare, da quel giorno, non è stato più uno scherzo da ragazzi.

Sfogliando l’almanacco di casa nostra, al pari di quanto accadde al World Trade Center si registra un altro grattacielo in fibrillazione, quello di via Anzio, angolo via Verrastro. Voli pindarici a parte, le nomine agli enti regionali rischiano di eguagliare gli effetti devastanti di un uccello di fuoco che buca l’aria, arroventando l’atmosfera. Il fuoco, dalle parti della regione Basilicata è, invece, tutto politico, essendo già iniziato il valzer di nominativi che attendono solo di riempire le caselle. L’eco di palazzo dice che i giochi sono già fatti con questi nomi: Dino Donnoli – Gerardo Marotta all’Acquedotto Lucano; Raffaele Ricciuti riconfermato a Sviluppo Basificata; Ignazio Petrone alla Società Energetica Lucana (Sel); Antonio Triani, altra conferma, ad Acqua spa; Mario Cerverizzo nel ruolo di direttore generale Infrastrutture della Regione. E chissà se lo scontro tra Pd ed Italia dei Valori produrrà effetti positivi. Intanto, dalle “due torri lucane”, tra la finestra di Vito De Filippo e quella di Vincenzo Folino, ai piani alti dove si muovono le leve del potere regionale, ci si gode il cielo di Basilicata. Volando alto si ha la sensazione che, quelle quote, sono ancora a prova di pirati dell’aria. A pensarci bene, dunque, a bruciare, secondo una delle regole inveterate della politica, rischiano di essere solo i papabili alle nomine.