STRATEGIE DI OCCULTAMENTO DELLA VIOLENZA

Avv. Maria Sabina Lembo

Io credo che la prima verità da evidenziare oggi è che la maggiorparte delle vittime dei reati violenti fino ad arrivare all’omicidio (delitto per eccellenza) sono le donne e i minori.
Tutte le violenze maschili contro le donne non sono affatto cessate: restano frequenti, distruttrici e, nonostante tutti gli sforzi, sono ancora banalizzate, minimizzate, occultate.
Ci sono, infatti, varie tecniche di occultamento delle violenze.
In primo luogo, l’evitamento linguistico è una tecnica, deliberata o inconsapevole, grazie alla quale gli uomini – i principali autori delle violenze su donne e minori – spariscono dai discorsi e dai testi sulla violenza maschile.
Parliamo così di “violenza domestica”.
Nella Risoluzione 54/34 delle Nazioni Unite (2000) che istituisce il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il termine “violenza maschile” non è mai utilizzato, mentre viene preferito un termine più generico “violenza contro le donne”, oppure un eufemismo come “violenza di genere”.
Una seconda tecnica di occultamento delle violenze è la separazione, infatti presentando le varie forme di violenza come distinte tra loro e attribuendo loro nomi diversi, ci viene impedito di vederle nella loro continuità e perpetrate dalla stessa categoria di persone.
Attaccare il concetto di vittima e le vittime stesse è il terzo modo d’impedire che l’indicibile venga enunciato con chiarezza.
Gruppi di uomini anti-femministi ma anche giornalisti e intellettuali, hanno violentemente attaccato i ricercatori, accusandoli di aver gonfiato le cifre, di aver creato dal nulla il problema della violenza.
Se il termine “vittima” disturba è proprio perché designa in maniera fin troppo chiara le relazioni di potere che sono in gioco: c’è un aggressore che causa un danno, e una vittima che lo subisce. Se così è allora forse dovremmo “reclamare” il termine vittima.
Inoltre il patriarcato ha bisogno di donne vittime purché l’aggressore sia un “altro” ovvero lo straniero, l’immigrato, l’uomo di un’altra cultura o religione. Da qui il razzismo come quarto strumento di occultamento della violenza.
Ciclicamente la violenza contro le donne assurge all’attenzione dei giornali o viene additata da qualche amministratore locale o da qualche partito per farne un’emergenza.
L’emergenza ha l’effetto di nascondere il carattere strutturale del fenomeno e riduce la violenza contro le donne a questione di ordine pubblico, addirittura o s’intreccia ad una lettura “etnica” della violenza, tesa ad alimentare spinte xenofobe e razziste.
Se osserviamo la maggioranza delle campagne contro la violenza sulle donne vediamo donne ripiegate su se stesse, intimorite in una strada buia, strette in un angolo, inseguite da un’ombra indistinta.
Raramente è visibile un uomo.
Gli autori scompaiono dalla rappresentazione della violenza e restano le vittime schiacciate nella loro condizione di vittime.