“In Lookania”, il racconto ambientato durante le serate della “Cantina del Portatore”

Sono qui a rimuginare sulle cose non dette e che, oramai, non le stanno più a cuore. Che siam dovuti correr via, come ladri, dalla piazza, mentre cercavo di continuare il mio discorso. Lo so in questi giorni è euforica, ma io volevo solo dirle di non buttarsi via. Non mi pesa lasciare la baraonda, anzi… mi pesa che lei non ascolti le mie parole. Preferisco rimanere zitto, allora.
Lo so, per me, è dura uscire di scena e non essere più l’epicentro delle sue utopie. È deprimente scendere dal piedistallo, ma perché non ascoltare, almeno, e fingere di intuire che se io sto zitto, poi chi sta male è lei?
I suoi lineamenti, stasera, mi sono apparsi perfetti e la mia anima peccatrice bramava la sua bocca. La voglia era possente come una bufera fragorosa e ardente come un fulmine. Nella mia follia avrei voluto gridarle che è solo mia, ma non è più così… Anche quest’anno sento e risento, come sempre, gli stessi commenti sulla sua Associazione.
Mi sento, eccezionalmente, partecipe. Mi piace la dialettica e mi è gradito il dibattito, credo sia normale non piacere a tutti, ma a volte si esagera…
Li accusano di essere avvinazzati, di non avere valori, di sporcare il salotto buono della città, di essere un evento ludico collaterale (ma che cazzo, poi, significa?). Ognuno dice la sua. Ciascuno grida allo scandalo, ma non ho visto mai nessuna di queste persone, pronte a giudicare, a volte senza mai aver partecipato a nessuno degli eventi organizzati, farsi avanti e dire: “Io vorrei far parte dell’associazione; vorrei aiutarvi a organizzare le tre serate”.

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