Potenza antica, sulle tracce della storia e del senso

Costretta ad uno sviluppo improvviso quando fu eletta, appena agli inizi del XIX secolo, capoluogo della Basilicata,  la città  caratterizzata da una economia rurale, poco commerciale, non capitalistica vide  lo svilupparsi di una classe  di imprenditori che scommisero sulle enormi possibilità che le nuove funzioni amministrative offrivano.

La necessità di interventi igienici, la nuova esigenza avvertita dal notabilato di dare un volto più borghese e presentabile alle abitazioni, la ristrutturazione della rete viaria offrirono grandi opportunità. L’antico borgo medievale  subì  demolizioni e smembramenti, in particolare  nella zona antistante il nuovo Palazzo della Intendenza e sulla Piazza Sedile. Qui, originariamente, aveva sede la platea venalium (il mercato).
Segnata  sul lato est-sud da una costa dove,  affacciandovisi  le beccherie, venivano buttati gli scarti della macellazione, la piazza era anche il luogo delle riunioni dei notabili, dei borghesi,  dei commercianti e del popolo che si concludevano sempre con la formula nemine discrepante che  rendeva complessivamente formali le Assemblee le cui decisioni non dovevano  essere messe in questione dai  meno abbienti. Era una  regola sin dal Medio Evo che  fu perpetuata dalle resistenze feudali successive.
Sul lato nord  è il palazzo, in realtà  profondamente rimaneggiato e ricostruito, in cui, secondo tradizione, si riunirono i cittadini in attesa di Alfonso Guevara per  recarsi, poi, con  il Sindaco ed il Mastrogiurato a consegnare le chiavi della città.
A quell’evento si ispira la performance, cui  partecipa l’attuale sindaco di Potenza, recentemente inserita in quel che resta della Parata dei Turchi.
Il luogo subì danni  a causa dei  terremoti. Interventi e  ricostruzioni  si succedettero trovando  un momento di accelerazione nel periodo fascista. Furono abbattute la cappella di San Nicola, divenuta, con il Murat, Teatro cittadino, per fare posto nel ’26-’28 al Palazzo del Fascio, e d il palazzo Navarra per costruire il Palazzo della Banca d’Italia, nel ’34-‘38, in stile eclettico monumentale.  L’attuale  Piazza Prefettura, a sua volta, prevista in età napoleonica,  nacque, dopo l’abbattimento di tre insulae,  come ampio ed elegante luogo di ricevimento e di parata davanti al Palazzo dell’Intendenza e fu  impreziosito negli anni della restaurazione borbonica, prima, e successivamente negli anni della monarchia sabauda.
L’una e l’altra piazza si collocano come efficace cerniera tra le due vie pubbliche che si fanno risalire ad età romana, quella  divenuta la via delle Chiese e la via che fu chiamata Pretoria in età napoleonica.
Anche la Piazza Prefettura subì rimaneggiamenti in età fascista quando furono abbattute costruzioni che, da vecchie foto, risultano di un certo interesse, per far luogo alle strutture del palazzo dell’INA. Per questa operazione Mussolini, il 29 agosto ’36, scriveva al Prefetto: ”Comunichi al Podestà che Presidente INA assicura che lavori Palazzo saranno iniziati e condotti consueta celerità fascista” (ASPZ, Prefettura , Atti Amministrativi 1933-56, b.895. foglio 66).
La squadratura, disegnata dall’incrociarsi dei vuoti dei balconi e delle finestre, nel  disegno del prospetto della facciata nel progetto originario di M. De Renzi, sembra riproporsi nel disegno previsto per la  pavimentazione che vogliono sostituire alla più coerente vecchia  pavimentazione, e che metterà l’edificio INA in posizione predominante rispetto agli altri, compreso il Palazzo della Prefettura. Il tutto è molto criticabile; lo sono, tra l’altro, i gazebo previsti,  in ottemperanza all’orror vacui ed all’agarofobia.
Il centro storico, ad ogni intervento  disomogeneo con la sua  qualità, perde elementi di caratterizzazione e le “firme archeologiche” che lo denotavano.