Lucania in versi: Michele Parrella

lucaniainversiGli anni ’50 sono gli anni del Neorealismo nella letteratura e nel cinema. Come è stato più volte ribadito, il nostro Rocco Scotellaro -poeta militante e voce della riscossa contadina- rappresenta uno degli autori più significativi di tutta la poesia neorealista italiana.
E nello specifico panorama letterario regionale Scotellaro rimarrà un modello per quasi tutti i poeti conterranei degli anni ’50, periodo per il quale si può parlare, a buona ragione, di Neorealismo lucano. Tra questi vi è Michele Parrella, nato a Laurenzana nel 1929, che concepisce la poesia come impegno civile. Nel 1954 esordisce con Poesia e pietra di Lucania, cui seguiranno Paisano (1958) e Piramide di Pietrisco (1981).
Un senso di delusione e sconfitta tuttavia popola le sue poesie,  a partire già dai titoli: Lucania persa, Le tue piaghe Lucania. La desolazione e la proverbiale rassegnazione contadina si possono ben leggere in versi come questi:
“Ti hanno avvolta in un manto nero
Ma le tue piaghe non si possono nascondere.
Non ci sono veli né bende
Per coprire i tuoi fianchi di ginestra
E il grembo scavato dalle frane.”
(LE TUE PIAGHE, LUCANIA)
La morte di Scotellaro poi segna per Parrella la fine di un’illusione (<<Sono morti tutti/gli amici i parenti i compagni / e Rocco che fù vivo prima di me >>)  cui segue  la sconfitta di tutti i poeti (<<Oh! La chitarra spezzata alla ringhiera,/i poeti non ti possono alzare>>). Nulla sembra essere cambiato allora in Basilicata.
Rimane il contrasto di fondo tra l’immagine ‘da cartolina’ della Lucania, soprattutto dopo la fama dovuta a Cristo si è fermato a Eboli:
“…Ti hanno chiusa in una leggenda
Terra che non ha confini…
Ti hanno abbellita
Con frasi splendenti…”
(LE TUE PIAGHE, LUCANIA)
e la dura realtà del contadino, costretto a lottare tutti i giorni contro una terra misera ed avara:
“… dobbiamo andare coi coltelli
a strappare la nebbia
perché la frana ha sepolto
la vigna.”
(CUPO CUPO)
Il tempo si è quindi fermato in Basilicata. Il silenzio è scandito solo dal suono triste e monotono del <<cupo cupo>>, che accompagna i versi di impostazione popolare (quasi da cantastorie) di Parrella.
Michele Parrella è morto a Roma nel 1996.