Lucania in versi. Gli anni della contestazione: il ‘franco poeta’ Nunzio Perrucci

In un periodo (gli anni ’70) di grande diffusione della poesia, dove tutti si fanno poeti e dove la stessa poesia diventa libera espressione della propria rabbia e dei propri sentimenti, si afferma in Italia il fenomeno di una letteratura che potremo definire ‘selvaggia’. Si tratta di scritture in presa diretta, immediate, di autori che non sono professionisti della scrittura ma gente semplice: operai, studenti, femministe, emarginati.
lucania in versiA questo tipo di scrittura l’editore Feltrinelli dedicherà un’apposita collana, quella dei “Franchi narratori”. Si diffonde allora un vero e proprio fenomeno letterario, che avrà tra i suoi autori più significativi il sardo Gavino Ledda ed il pugliese Tommaso Di Ciaula.
Da noi, nella città di Matera, ci sarà Nunzio Perrucci, barbiere ma anche pittore, scultore e poeta. Nel 1962 pubblica la sua prima raccolta di poesie Case su grotte grotte su case, cui seguiranno Siamo apparenze, del 1971, Tempo di tensione (1976), e La vita di quelli non ancora nati (1988).
Anche la poesia di Perrucci come quella dei giovani contestatori degli anni ’70 si caratterizza per i suoi toni crudi e diretti nonché per la forte denuncia sociale. La condizione di Matera (<<città delle caverne>>), della Basilicata (<<paesi tetri di Lucania>>), di tutto il Sud sembra non avere via di scampo, così come le condizioni di vita della popolazione. Perrucci al riguardo non usa mezzi termini: <<siamo un popolo di malandati\di cafoni in Lucania>>;<< Siamo tutti poveri disgraziati>>; <<Siamo pezzenti senza domani>>;<< gente del tanfo\ Siamo giovani e già vecchi di questa brutta vita! >>.
Si fa strada nel poeta allora un forte desiderio di partire:

Domani dopo trent’anni
uscirò dalle mie angustie
ed andrò via da questo inferno.

Dirò addio a queste mura
alle cave grigie
e questo paesaggio dipinto
con me vivrà altrove

Non sentirò più questo tanfo
e la gente che piange
tutta la vita, se è vita.

Il sogno di una vita migliore, la speranza di tanti emigrati che hanno lasciato la Basilicata sembra però infrangersi contro la realtà:

Un giorno anche noi lasciammo
le nostre case

e ieri ritornammo in Lucania
senza nuvola e con un pugno
di terra

Tutto rimane immutato nel pessimista Perrucci, il progresso non ha cambiato Matera (<<sono cambiate le case\ma non le facce>>), il nuovo mondo rimane solo una promessa per gli abitanti di questa città, di tutto il Mezzogiorno d’Italia. Con questa poesia si conclude la sua prima raccolta poetica:

IL NUOVO MONDO
Siamo ritornati su quei sentieri,
nei campi, alle cave, alle Murge:
siamo ritornati a riprenderci il nostro sudore,
in quel mosaico di pietre desolate.
E siamo usciti dal vecchio mondo
presi per mano.