Quando si ridà significato alle parole

Il PD è entrato nel PSE europeo proponendosi di mutarne struttura e senso, forte del fatto che abbia

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ricevuto, tra i partiti di sinistra, un consenso maggiore che in altri paesi dell’Europa. Se si dovesse dare credito alla ipotesi di un partito univoce, capace di rappresentare nella sua liquidità tutto e tutti, sarebbe una provocazione insistere sulla storia antica di un socialismo d’altri tempi, pieno di vecchi contrasti e di scissioni. Sarebbe fuori luogo ritornare a porre la questione dell’appartenenza, se alla destra o alla sinistra, e se questa distinzione, al di là della collocazione tradizionale sugli scanni del parlamento, conservi i fondamenti che resero importante. Non superata né superabile la riflessione di Bobbio.

Tra l’altro di un socialismo che è stato rottamato, il cui pensiero fondante è stato destrutturato e contaminato con i termini del nuovismo e del rinnovismo. Su cui è stata posta la pietra tombale della damnatio memoriae. Eppure di tanto si è parlato in un recente incontro, organizzato per rievocare la storia di un gruppo di socialisti fuoriusciti del PSI nel lontano 1964 per dare vita al PSIUP. Introdotto da Silvano Miceli si è svolto presso il Museo Provinciale di Potenza, nella sala “Lacava”, per presentare il libro di Aldo Agosti, Il partito provvisorio, Storia del PSIUP nel lungo sessantotto italiano, ed Laterza, 2013 pag. 296. Hanno dato il loro contributo al dibattito Giacomo Schettini, Notarangelo, Ivo Persichella. Moderatore il giornalista RAI, Rocco Brancati.

Nessuna velleità politica, né il tentativo di rivalutare un periodo trascorso o enfatizzare la storia di un partito  socialista la cui breve storia coincise con una sconfitta, come ha sottolineato Miceli. Eppure, mettere in mostra come fosse nata l’esperienza del PSIUP e della sua rapida esistenza, simile ad una meteora, come si costruisse e veicolasse un messaggio politico attraverso strumenti di comunicazione, (il Bollettino, prima, fatto con il ciclostile, poi Unità Proletaria, Alternativa sino alla fine della esperienza), sottolineare il portato ed il segno di elaborazione e condivisione, in quella manciata di anni, dal ’64 al ’71, non certo come lo “stai sereno” di oggi, sembra andare al di là della semplice ricostruzione storica di una fase e di un dibattito.

Coinvolgente il libro di Agosti, che descrive a distanza, fotografando uomini e donne che fecero quella esperienza, assunsero responsabilità, non scelsero solo per obbedienza ai “fatti oggettivi”, anzi in contrasto sfidando le difficoltà che venivano dal lavoro in fabbrica sulle cui lotte diedero ispirazione e trovarono motivo di rinnovamento, scontrandosi con le logiche di adattamento che il collocamento clientelare lucano garantiva. Il tragico moderno determinato dal fato quasi “colpa”, fattore di quella politica che si pone fra le cose più alte delle attività umane.

Approfondimenti nell’edizione de Il Lucano Magazine in edicola.