La dignità lucana

«La Basilicata esiste!» Le prime battute del film del conterraneo Rocco Papaleo nel presentare all’Italia meravigliosi ed esclusivi paesaggi della nostra regione informano lo spettatore della reale presenza di questi posti. Basilicata coast to coast sottolinea un aspetto caratteristico della Lucania: la ruralità. L’immagine di questa Basilicata descritta dal film è la copertina di una regione che tra numerosissime difficoltà tenta di andare avanti mantenendo saldi i legami con le sue origini contadine.

Oggi la Basilicata esiste come Matera capitale della Cultura 2019 ; come location di kolossal internazionali (in questi giorni nei Sassi si sta girando il remake di Ben Hur con Morgan Freeman); come storia con i resti delle civiltà greche e romane ancora evidenti nel Metapontino, con i castelli di Federico II di Svevia, con il ricordo ancora vivo dei Briganti; come acqua con le sue numerose fonti; come attrazione turistica nelle località balneari di Maratea, Metaponto e Policoro, con l’unicità dei Sassi, con il Parco Nazionale del Pollino e con il volo dell’Angelo di Castelmezzano e Pietrapertosa; come la terra natia di giuristi, politici, compositori, poeti e scrittori . La Basilicata oggi esiste anche come regione martoriata dalla disoccupazione e dalla crisi economica, costretta a far nascere un’altra Basilicata fuori dai propri confini territoriali nel tentativo di costruirsi un basilicata_on_my_mindfuturo migliore. La Basilicata oggi esiste per i tanti giovani e per le famiglie che decidono di restare pur non avendo alcuna prospettiva futura. La Basilicata oggi esiste come Lucani, come popolo fiero delle proprie origini contadine simbolo dei sacrifici e della dura vita in questo territorio. Fuori dai confini regionali, però, la Basilicata esiste esclusivamente per il suo petrolio. Per l’Italia è il “nuovo Texas” in grado di sostenere e accompagnare il Paese fuori dalla tremenda crisi economica fornendo nuovi posti di lavoro e contribuendo alla riduzione della bolletta energetica degli italiani. L’interesse economico di una intera nazione, dovrebbe tener conto della storia, della civiltà e del rispetto per l’ambiente, senza creare false illusioni per la presenza nel sottosuolo di importanti giacimenti di petrolio a discapito della qualità della vita di chi ci abita.

Il Decreto Sblocca Italia e soprattutto l’articolo 38 ha confermato questa sensazione: la Basilicata esiste, è petrolio, è solo petrolio; non esiste per quella che è la sua vera risorsa, la risorsa umana: i Lucani.
Il greggio – che nell’immaginario collettivo ha sostituito il gregge con la promessa di creare numerosi posti di lavoro – arroga a chiunque il diritto di accampare pretese sui giacimenti con arroganza tale da offendere il popolo lucano. Nei giorni precedenti l’approvazione dello Sblocca Italia il premier Matteo Renzi aveva definito “quattro comitatini” quei movimenti No Triv che cercavano in ogni modo di attirare l’attenzione su una realtà che non è esclusivamente petrolio.
Nelle scorse settimane il professor Federico Pirro, docente di Storia dell’industria presso il Dipartimento di Filosofia, Letteratura, Storia e Scienze Sociali (FLeSS) dell’Università di Bari, sulle pagine del quotidiano nazionale Il Foglio ha trasformato i “quattro comitatini” in pecorai e morti di fame. Il tentativo del professore di proporre le sue considerazioni rispetto alla trasmissione Presa Diretta, andata in onda su Rai Tre domenica 22 febbraio, incentrata sui rischi connessi alle estrazioni petrolifere in Italia è scaduto in un’offesa. La trasmissione dando voce a chi l’affare petrolio lo vive e lo subisce ogni giorno (allevatori, imprenditori, ricercatori dell’Università della Basilicata) aveva cercato di portare a conoscenza i lati più oscuri della vicenda. Aveva mostrato che nella realtà l’attività dell’Eni ha gravi ripercussioni sul territorio: l’inquinamento dell’aria e delle riserve d’acqua, l’anomala moria di pesci nell’invaso del Pertusillo che fornisce acqua potabile alle regioni limitrofe, la nascita di alcuni animali malformati negli allevamenti vicini ai pozzi, l’aumentata incidenza delle malattie tumorali tra i cittadini erano solo alcune delle tante questioni che devono essere approfondite ed analizzate prima di “liberalizzare le trivelle”.

Sul Foglio, invece, la trasmissione è stata definita come “un programma finalizzato ad alimentare dubbi, riserve e perplessità verso le attività di ricerca, esplorazione ed estrazione di idrocarburi in Italia, soprattutto in Basilicata e a largo delle coste”. Secondo l’analisi del professore pro-pretolio l’incremento estrattivo si sarebbe trasformato in nuovi posti di lavoro per il popolo lucano; l’aumento dei pozzi avrebbe comportato maggiore occupazione centrando gli obiettivi del Decreto Sblocca Italia. Se l’analisi tecnica del professore può essere condivisa ciò che indigna è l’irrispettosa conclusione: «Un autorevole dirigente Eni mi ha detto che a causa dell’estremismo ecologista, l’Eni potrebbe anche andarsene dalla Basilicata, cosicchè là dove Rocco Scotellaro celebrava l’uva putanella tornerebbe finalmente i pecorari e i morti di fame». Le reazioni non si sono fatte attendere e il senso di fierezza delle proprie radici ha prevalso sulla polemica.

Il popolo lucano ferito nell’orgoglio ma fiero delle sue radici e forte dei suoi valori “pecorari” – l’umiltà, l’amore per la natura, la laboriosità, l’onestà e il rispetto per l’altro inteso come essere umano ma anche come proprietà materiale– chiede il rispetto per la propria dignità. L’interesse economico non può in alcun modo calpestare la dignità dell’essere umano, pecoraro o no, che è sempre persona e mai mezzo utile al raggiungimento dei propri fini.

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