GRANO FARINA E PANE. COSA MANGIAMO?

”VIGILANTIBUS NON DORMIENTIBUS IURA SUCCURRUNT”
E’ di questi ultimi giorni il grande parlare del grano contaminato dannoso per la salute che arriva “dall’altro mondo” dopo aver attraversato oceani ed in condizioni igieniche non sempre buone per i modi con i quali viene trasportato. Si parla di sostanze pericolose che contaminano il prodotto e che ingerite a lungo possono provocare gravi danni. Parliamo delle aflatossine che sono le più frequenti a riscontrarsi. Dal momento che nelle nostre regioni del sud il grano duro viene prodotto, potrebbe essere utilizzato per preparare pane, pasta e dolci di qualità. E’ bene vigilare come dice il proverbio latino del titolo
.Se ci rifacciamo un po’alla storia, quella del grano si ripete.

Come ci si approvvigionavamo di grano ?
Ai tempi di augusto Roma non poteva peraltro saziare la propria fame di pane attingendo dalle campagne d’Italia, nelle quali le distruzioni della guerra ed il latifondo pascolativo, che produceva carne e lana, non permettevano di sfruttare a sufficienza i terreni agricoli. I granai di Roma erano posti a mezzogiorno nelle aree caratteristiche della cerealicoltura mediterranea, in regioni tranquille, unite a Roma dalle rotte che solcavano il mare nostrum, sul quale, eliminato il pericolo dei pirati d’estate il frumento navigava su imponenti lenti navigli, che non di rado superavano le 200 tonnellate di stazza. Vivendo di una dieta fondamentalmente basata sul pane, gli abitanti dell’urbe consumavano ogni anno milioni di quintali di cereali. A procurare, conservare e distribuire l’imponente volume di grano provvedeva l’annona, l’organismo di cui Augusto si assicurò l’assoluto controllo per dominare la plebe. I porti fondamentali per lo sbarco del grano erano pozzuoli, il più adatto al naviglio di stazza maggiore ed ostia, il maggiore fondaco cerealicolo della storia antica. All’efficienza del porto si opponevano i capricci del Tevere, i cui depositi insabbiavano la baia costringendo le navi maggiori a operare il primo scarico a largo per poter approdare dopo aver diminuito il pescaggio. Giunte a riva le “navi onerarie” provenienti da tutto l’impero trovavano però un sistema portuale di straordinaria funzionalità. Il grano è stato per millenni l’alimento base per vaste zone del mondo. prima dell’avvento dei concimi chimici esso ha sempre richiesto la cosiddetta rotazione delle colture ed una buona concimazione; questo significava che per poterlo seminare tutti gli anni il contadino doveva avere a disposizione uno spazio equivalente a due o tre volte il campo coltivato e lasciar così riposare la terra, alternando le colture che destinava a pascolo. D’altra parte, nei periodi in cui i campi venivano lasciati a pascolo, si presupponeva la presenza sul terreno di greggi destinate a ripulirlo dalle erbacce invadenti e a concimarlo nello stesso tempo. Nel mondo occidentale quella del grano è sempre stata una delle colture più antiche e sicuramente la preferita; grazie anche alle sue proprietà nutritive, dal momento che contiene sostanze proteiche, grassi, enzimi, sali minerali. l’alimento quotidiano per l’uomo, era il famoso “pane ed acqua”. Il grano raccolto nei tempi passati veniva frantumato a colpi di pietra, poi si incominciò a fare uso di veri e propri utensili come il mortaio fornito di pestello o il rullo di pietra, come raffigurato nelle statuette egizie che mostrano donne inginocchiate per terra che fanno rotolare il rullo e macinano il grano. Anche il pane, prima azimo e poi lievitato, viene in uso più tardi e presenta già di per sè un notevole progresso tecnico. I cereali venivano forniti in abbondanza dalla Sicilia, il “granaio d’Italia”, dalla Campania, o dalla Sardegna e dalla puglia.
Anche a quel tempo erano già conosciute le malattie che il grano produceva nei lavoratori che lo coltivavano e se ne prendevano cura. Nel granaio il contadino poteva contrarre alcune malattie, sia per la polvere che si produceva nella manipolazione dei prodotti, sia per la eventuale presenza di parassiti negli stessi. La polvere secca, attraverso la faringe, penetrava nelle vie respiratorie determinando tosse secca insistente e perfino cattiva respirazione ( asima e pantiesce), nonché infiammazione dell’occhio (congiuntivite) e prurito per tutto il corpo (prurito della pelle e sua infiammazione-dermatosi pruriginosa chiamata scabbia del grano). dovuta al pediculoides ventricosus, acaro che vive parassita sulla larva della calandra granaria e che in qualche occasione assaliva massivamente gli operai addetti a trasportare il grano a spalla, cagionando loro infiammazioni con arrossamento (eritemi) cospicue ma fugaci ed anche febbre (febbre del grano). Anche se allora i trasporti erano limitati, erano malattie che colpivano solo i lavoratori del grano ed erano curabili con i farmaci dell’epoca. Attualmente si impiegano molti mesi, prima che il grano giunga dall’Australia o da altri paesi del mondo in condizioni molte volte precarie, per cui sul prodotto mal conservato si sviluppano funghi batteri e tossine che andranno inesorabilmente a far parte del prodotto confezionato.
Non si potrebbe utilizzare grano duro prodotto nelle nostre regioni, anche se acquistato a maggiore prezzo, per confezionare pane, pasta e dolci certificati?
Antonio Molfese
Medico Giornalista
Torremolfese.altervista.org