Basilicata on my mind: miti e leggende in terra lucana

La Lucania è ricca di calore umano con l’aggiunta di suggestioni storiche, bellezze naturali e una cultura gastronomica straordinaria. Una terra magica, arcaica impregnata di elementi tradizionali e popolari. Una terra in cui perduravano pratiche e credenze ancestrali di origine precristiane, cosi che da determinare un sincretismo magico- religioso. «Quest’altra ragione, che è tipica della civiltà contadina, noi la chiamiamo magia». Magia deriva dal greco «magheia» che a sua volta è l’alterazione della parola «mag» il cui significato è sapienza. Ogni popolo, ogni nazione e ogni regione ha la sua radice magica. E in Basilicata, la radice magica la ritroviamo ovunque: nei paesaggi come nei luoghi storici, come le mura degli antichi manieri o delle cattedrali. Di generazione in generazione la tradizione orale ha tramandato storie di miti e leggende diventate poi oggetto di studio. “Sud e magia” di Ernesto De Martino ne è un esempio. Ma anche il “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi non è da meno. E allora cosa c’è di male nel lasciarsi prendere e trasportare dall’aspetto magico dei luoghi. Aspetto magico che poi contraddistingue un vero e proprio approccio alla vita.
Racconterò della Lucania dei cavalieri templari, del fantasma di Elena degli Angeli e, di Isabella Morra ma, di storie ce ne sono tantissime.
Si narra che la bellissima Elena Ducas, nota come Elena degli Angeli, moglie di Manfredi di Svevia, figlio di Federico II di Svevia, vaga ancora nei dintorni del suggestivo Castello di Lagopesole, assumendo le sembianze di uno spirito irrequieto. Proprio qui, in questo edificio d’immenso valore storico, la bella Elena trascorse i suoi migliori anni insieme alla sua famiglia e dopo la morte del marito, qui fu imprigionata da Carlo d’Angiò. Il suo spirito ancora vaga alla ricerca dei tanto amati figli e dell’adorato marito.
Si dice che al tramonto si possa a volte intravvedere il fantasma della bellissima donna vestita di bianco, nascosta dietro le tende di una delle finestre e con mano una lanterna, a guardare desolata l’orizzonte lontano. Si dice che lo stesso Manfredi avvolto da un manto verde cavalchi uno splendido cavallo bianco nella campagna circostante alla ricerca a sua volta dell’amata. Ma nessuno dei due riesce a scorgere l’altro e si perdono in un’eterna ricerca, destinati anche nell’aldilà a non incontrarsi mai.

La nobile poetessa Isabella Morra, nacque nel Castello di Valsinni nel 1520, dove morì all’età di ventisei anni, uccisa a colpi di pugnale dai fratelli, quando scoprirono che aveva una relazione contro il volere della casata con Diego Sandoval de Castro, barone di Bollita. Entrambi gli amanti si dilettavano scrivendo poesie e nel 1542 don Diego pubblicò una raccolta delle sue rime petrarchesche. La corrispondenza tra i due personaggi era scambiata attraverso il precettore di donna Isabella, tale Torquato: oggi rimangono solo le lettere che don Diego scrisse a donna Isabella, mentre le sue risposte sono ignote.
Sembra che i fratelli di Isabella non si fermarono al suo omicidio ma che fecero uccidere anche Don Diego, freddato pochi mesi dopo di lei con tre colpi di fucile durante una battuta di caccia, nei boschi di Noepoli in provincia di Potenza. Da allora Isabella si aggira ancora tra le mura del castello, avvolta da un grande mantello con un cappuccio calato a celare il viso, piangendo e singhiozzando.

Arroccato in cima a un colle della provincia di Potenza, Acerenza sta catturando l’attenzione di molti studiosi poiché secondo antiche leggende la meravigliosa e imponente cattedrale custodirebbe arcani segreti legati alle leggende arturiane che si mescolano con affascinanti racconti legati ai cavalieri templari.
Qui, infatti, sarebbe nascosto il Sacro Graal. Si dice che il celebre calice biblico, smarritosi nei secoli bui e diventato un mistero di proporzioni universali, si troverebbe dietro a una finestra murata della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio Vescovo. In effetti, il borgo di Acerenza è descritto dagli storici come luogo di passaggio per i crociati, che facevano sosta nel cuore della Basilicata dopo il loro lungo viaggio in Terrasanta. C’è chi sostiene che sia stato Ugo dei Pagani, fondatore dell’Ordine dei Templari, a mettere al sicuro il sacro calice: essendo nato a pochi chilometri di distanza da Acerenza, aveva molta confidenza con il posto e non ebbe difficoltà a individuare un luogo segreto che sarebbe rimasto ignoto ai posteri. Ma le leggende non finiscono qui: secondo alcuni studiosi la città-cattedrale custodirebbe i resti della figlia del conte Vlad III di Valacchia, il famigerato conte Dracula. L’ipotesi è emersa a seguito del ritrovamento su una delle mura della Cattedrale di un drago alato, simbolo del nobile della Transilvania. Le sculture di creature che mordono sul collo vittime sacrificali aggiungono nuovi indizi all’ipotesi, inoltre nella cripta è possibile intravedere anche il demone Lilith che secondo la leggenda compariva soltanto di notte per nutrirsi del sangue delle vittime che trovava sul suo cammino.
Tra le diverse offerte turistiche che un territorio può offrire, esiste anche quello legato alla magia di carattere popolare, citiamo ad esempio il tour nei “paesi delle streghe” sui Pirenei spagnoli, o dei castelli magici e incantati in Scozia. Può accadere anche in Basilicata? La magia può essere il volano per lo sfruttamento, in termini turistici, della sfera dell’immaginario legato al territorio. In un territorio in cui la dimensione magico – simbolica si percepiva un po’ ovunque le cui tracce non sono ormai tanto rintracciabili.