F.A.ME (Festival Appennino Mediterraneo) 15 settembre a Brienza il Michele Brienza Quartet

A chiusura del progetto “Un graffio d’Innovazione”, con la installazione dei graffiti, farà tappa a Brienza alle ore 20 in Piazza Fontana Nuova il secondo appuntamento del F.A.ME. (Festival Appennino Mediterraneo) riconosciuto e sostenuto a partire da quest’anno, e fino al 2024, dal Ministero della Cultura – Fondo Unico per lo Spettacolo.

Lo spirito e il progetto del Festival, ideato e promosso da Fondazione Appennino ETS con la direzione artistica di Giovanna d’Amato, incrociano i luoghi rigenerati in cui arte, musica, identità e tecnologia sono cibo per quella che Vito Teti definisce “restanza”, il diritto a continuare a vivere dignitosamente nei nostri paesi.

“Un graffio d’innovazione” è il nome di un progetto nato dalla collaborazione tra Fondazione Appennino, Amministrazione comunale di Brienza e Forum dei Giovani, un laboratorio aperto per circa due settimane alla comunità che, attraverso la tecnica del Graffito Polistrato della Scuola di Montemurro, ha prodotto dei graffiti la cui installazione e presentazione avverrà proprio in occasione della seconda tappa del F.A.ME.

Gli eventi del Festival sono accompagni dai 17 SDGs dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile varata dall’ONU nel 2015. In questo momento è ancor più necessario che le comunità si riapproprino di sfide epocali; la cultura e l’arte possono dare un contributo rilevante a sensibilizzare e mobilitarsi per quello che i giovani del Forum comunale hanno chiamato “Un punto di (non) ritorno”

La manifestazione è prevista alle ore 20, a seguire lo spettacolo musicale “Michele Brienza Quartet –  painting jazz notes” 

LA BAND

MICHELE BRIENZA 4tet

Michele Brienza (chitarra)
Donatello Giambersio (piano)
Antonio Tiri (contrabbasso)
Maurizio Matera (batteria)

Il quartetto propone un percorso storico attraverso l’esecuzione di brani caratterizzanti della “Jazz Era”, dunque dai primi del 900 fino agli anni 60 con lo scopo di far percepire il processo evolutivo che risiede nel linguaggio improvvisativo e sonoro individuale e quindi inevitabilmente collettivo, ponendo attenzione al “movimento” che i protagonisti della storia del jazz furono in grado di creare.
Quel mondo di “swings notes” prenderà forma attraverso le reinterpretazioni delle Songs composte e da autori come Cole Porter, Jerome Kern, Irving Berlin, Henry Mancini, Jule Stine ecc. Un’atmosfera fumosa e avvolgente come i ritmi di quella nuova musica che si apprezzava nei club delle grandi città americane in cui interi quartieri erano veri e propri teatri della voce, di quei colorati dialetti italici, di gente d’Appennino che l’America l’era andata a costruire per costruirsi un futuro.