CUORE SELVAGGIO

CUORE SELVAGGIO

art by Michele Barbaro

Anno 1990
Di David Lynch
Scritto da David Lynch
Musiche Angelo Badalamenti, Elvis Presley,
Chris Isaak
Montaggio Duwayne Dunham
Fotografia Frederick Elmes
Cast Nicolas Cage, Laura Dern,Willem Dafoe, Diane Ladd,
Harry Dean Stanton, Crispin Glover,
J.E. Freeman, Isabella Rossellini,
Jack Nance, Sherilyn Fenn,
Grace Zabriskie, Sheryl Lee,
David Patrick Kelly, John Lurie,
Pruitt Taylor Vince, Freddie Jones,
William Morgan Sheppard
Produzione Michael Kuhn, Steve Golin,
Monty Montgomery, Sigurjon Sighvatsson
Durata 116′
Titolo Originale WILD AT HEART

“Love Me” 2:44
Elvis Presley
Elvis (1956)

CUORE SELVAGGIO

“La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!”

Kahlil Gibran (1883-1931)

Una storia d’amore, lanciata lungo una strana autostrada del mondo contorto di oggi. “Sailor” e “Lula” si amano, “Sailor” e “Lula” sono in fuga verso la California. Dovranno attraversare un’America dal “cuore selvaggio”, come quello di “Sailor”, disposto ad ogni sorta di atrocità per proteggere la sua dolce metà. David Lynch adatta il romanzo “Wild At Heart” dello scrittore Barry Gifford (1946) e, pur restandogli molto fedele, crea un immaginario in bilico tra fumetto, soap opera, musical e videoclip. La realtà che vivono i due innamorati è una storia maledetta del profondo Sud, piena di balordi e di ferocia. Fred Elmes la fotografa in maniera stupefacente, usa colori nitidi e ama tutti i personaggi, trova nel fuoco e nelle sue sfumature un grande alleato e nei primi piani dei fiammiferi in fiamme, una sfida vinta. Occhio al tramonto sullo sfondo di un bacio tra “Sailor” e “Lula”, è da urlo. Le ottime musiche sono (ovviamente) di Angelo Badalamenti, circondato da canzoni bellissime: “Be-Bop A Lula” di Gene Vincent, “Blue Spanish Sky” di Chris Isaak e “Love Me Tender” di Elvis, tanto per citarne qualcuna. Magistrale davvero l’uso dell’immortale “Wicked Game” di Isaak, nella scena in cui i due innamorati, viaggiando nella notte sull’autostrada per Big Tuna, si imbattono in un terrificante incidente e in una ragazza ferita (l’incantevole Sherilyn Fenn) che esce dal buio. La triste sequenza (un’atroce presagio per i protagonisti) e la particolare atmosfera, sono un omaggio ai racconti visionari di James G. Ballard (1930-2009), la mente malata che ha partorito il sangue, il sesso e la carne di “Crash” (se non vi piace leggere vi consiglio di recuperarne il film del 1996 diretto da un altro David altrettanto fuori di testa, Cronenberg, dal titolo omonimo). Il montaggio di Dwayne Dunham non ha fretta ma sono diversi i momenti in cui spiazza. Il cast è, come sempre con Lynch, ricchissimo e con performance formidabili. “Sailor” (modellato nell’acconciatura, nel vestire e nel timbro di voce su Elvis Presley) è interpretato da un Nicolas Cage in stato di grazia, perfetto sia nei momenti romantici sia nelle sproporzionate esplosioni di violenza. Canta splendidamente “Love Me” (una canzone poco conosciuta ma tra le più belle di Elvis) e “Love Me Tender” muovendosi proprio come il “Re”. La “Lula” di Laura Dern è un incrocio tra Marilyn Monroe e “Dorothy Gale”, la protagonista del “Meraviglioso Mago Di Oz” di Lyman Frank Baum (1856-1919), citato numerose volte nel film. Dopo il “Frank Booth” di “Velluto Blu” ecco un suo sadico cugino, “Bobby Perù”. “Perù” è Willem Dafoe, attore dalle mille sfaccettature e dal ghigno inconfondibile, il suo personaggio, dai denti corrosi dal tartaro, è un depravato dall’aspetto fisico insopportabile … e non andrà incontro ad un bel destino! Diane Ladd (“Marietta”) interpreta la mamma di “Lula” (come nella realtà la Ladd lo è di Laura Dern), “Marietta”, una megera assatanata dalle unghia lunghe e trucco che con un bacio muori per avvelenamento da cosmetici; una strega frustrata, una spietata analisi della perfidia da soap opera. Molto elegante il killer “Santos” di J.E. Freeman e dolce e simpatico il detective privato “Johnnie”, interpretato dal grande caratterista Harry Dean Stanton (al primo film con Lynch), che lo modella incrociando i lati bizzarri e la psicologia dei “private eyes” creati da Raymond Chandler (1888-1959), Dashiell Hammett (1894-1961) e James M. Cain (1892-1977). L’inquietante Isabella Rossellini (con parrucca bionda) è la femme fatale “Perdita Durango”, che qualche anno dopo avrà un film tutto suo (ma ad interpretarla sarà Rosie Perez), tratto da un altro racconto di Gifford e diretto da Álex De La Iglesia. Una menzione speciale va alla performance di Crispin Glover (“cugino Dell”), irriconoscibile e oscuro nel breve e macabro racconto di cui è protagonista. Completano il cast il folle Jack Nance, la storpia Grace Zabriskie, la “fata buona” Sheryl Lee (la “Laura Palmer” di “Twin Peaks”), John Lurie, Pruitt Taylor Vince e i suoi strani occhi, David Patrick Kelly e Freddie Jones. David Lynch non si è mai divertito tanto, lui che è un moralista convinto è riuscito a far incazzare tutti. Gioca con l’oggetto della sua condanna, corteggia il male e non si nega niente spingendo tutto all’eccesso (modello per “Assassini Nati” di Oliver Stone). Sangue, sesso, squallidi motel, incidenti stradali, vomito, un volto interamente cosparso di rossetto, una sfera di cristallo, teste esplose, streghe, mani che nell’amplesso si tendono come nei peggiori romanzi rosa. “Cuore Selvaggio” è la nemesi della televisione, tutti i personaggi negativi sono mostri usciti dalle telenovelas. I censori del piccolo schermo si sono arrampicati sugli specchi per distribuire un film “on the road” dall’impostazione televisiva, ma senza rispettarne nessun requisito. Situazioni limite, linguaggio ipercrudo e immagini assurdamente ironiche (vedi il cane che si porta via una mano mozzata!) sono puro Lynch, fuori da ogni schema, da ogni sovrastruttura, anti-intellettuale. Il New York Magazine (vicino all’ala democratica) l’ha definito “un orrendo road movie” e un entusiasta Bernardo Bertolucci, Presidente di Giuria, ha faticato non poco per fargli vincere la Palma D’Oro a Cannes. Il regista ha rappresentato tutto l’immaginario americano, il film è gotico, visionario, pulp ante litteram, espressionista: sequenze come quella della “fata buona”, rimandano direttamente all’opera “Annunciazione” di El Greco (1541-1614). L’inizio è tra i più violenti della storia del cinema. Il finale vede “Sailor” e “Lula”, dopo l’odissea infernale attraversata da New Orleans al Texas, che realizzano il loro sogno d’amore e matrimonio, tra “Gangster Story” (1967) di Arthur Penn e “La Vera Gola Profonda” (1972) di Gerard Damiano. Dietro un finale strappalacrime il “cattivo maestro” David Lynch se la ride. L’ideologia reazionaria di “Wild At Heart” è nella frase che Nicolas Cage ripete alla Dern quando indossa il suo giubbotto di pelle di serpente (omaggio al Marlon Brando del film di Sidney Lumet): “Questa giacca rappresenta il simbolo della mia individualità e la mia fede nella libertà personale” … e vissero felici e contenti … solo loro due!