Il criminologo Donato Santoro a Monteverde spiega le contraddizioni del sistema penitenziario italiano

“Dalla criminologia criminale: La Funzione sociale della Pena” è l’ultimo libro dell’illustre Professore e Avvocato penalista del Foro di Roma, Donato Santoro. È stato presentato presso il Castello di Monteverde (Av), un importante convegno in cui è stata illustrata una fotografia reale del sistema penitenziario italiano. Un tema molto complesso su cui il Docente e Avvocato di Filiano cerca da anni di gettare luce, sviscerandone i nodi giuridici più cavillosi. Quattro lauree, una in Scienze politiche conseguita presso l’Università di Torino; l’altra in Giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma; l’altra ancora in Scienze della Formazione all’Università “Guglielmo Marconi”. Ed infine, nel 2017, consegue la laurea in Criminologia presso l’Università “Unicusano” di Roma.

Donato Santoro è davvero un luminare esperto di tutte le problematiche giuridiche in ordine penale ed amministrativo. Lavora presso i Tribunali di ogni ordine e grado ed è molto addentrato in Diritto dell’Esecuzione Penale, grazie ad un insigne giurista, il compianto onorevole nonché avvocato, Alberto Simeone. Attualmente è docente di Diritto dell’Esecuzione penale e penitenziario nell’Ateneo LUIRS con il magnifico Rettore, Mario Paone. Si tratta di una materia ancora poco esplorata da parte del mondo Accademico.

“Dalla criminologia criminale: La Funzione sociale della Pena” è il frutto di un lungo lavoro di disamina della “macchina” giudiziaria, che, sopratutto nel campo del Diritto dell’Esecuzione Penale e Penitenziario, gronda di inefficienze e contraddizioni, complice una mancanza di conoscenza approfondita sull’argomento, in seno alle contingenze concrete che si verificano quotidianamente.

“Ringrazio sia la prof.ssa nonché psichiatra e psicoanalista Valentina Russo, e allo stesso tempo il Magistrato della Corte d’Appello di Roma, Giorgio Poscia” commenta l’autore del libro. Al convegno erano presenti il sindaco, la giunta e i consiglieri di maggioranza ed opposizione che si sono complimentati per l’eccellentissima preparazione del chiarissimo professore e avvocato Donato Santoro, che ha tenuto una brillantissima esposizione sulla situazione del sistema penitenziario italiano. È intervenuto anche il Commissario Capo, Gerardo D’Errico, Comandante della Casa di Reclusione di Fermo, e prima di Ancona e Alba (CN). Il Comandante D’Errico è stato ex collega Sindacalista dell’Avv. e Prof. Santoro, mettendo in risalto il supremo lavoro svolto dal Prof. e Avv. Santoro anche come sindacalista.

Ancora una volta il chiarissimo Professore Avvocato Santoro ha ringraziato il compianto onorevole Alberto Simeone con una bellissima frase: “Nel suo nome un pezzo di storia nella sua vita, la lotta per la difesa della legalità, la fiducia nella giustizia, la ricerca della verità. Alla memoria di Simeone, mio amico e maestro di vita dedico questo lavoro affinché non restino infecondi gli ideali che egli mi ha incarnato, lasciandone un’impronta indelebile nell’Avvocatura e nella Magistratura. Persona questa che stimava la Magistratura, ma nello stesso tempo veniva stimata dall’Avvocatura e dalla Magistratura”. Al convegno erano presenti molti funzionari del Ministero della Giustizia e delle varie pubbliche amministrazioni. Alla fine del convegno costoro hanno abbracciato l’Avvocato Santoro; alcuni di questi lo conoscevano già di fama grazie alle sue numerose pubblicazioni, ma ancora prima in occasione del Processo Eni, unitamente ad altri due luminari del Diritto Penale Italiano per antonomasia: gli avvocati Ivan e Alessio Russo, del Foro di Potenza.

Il testo, oltre a focalizzarsi sulla funzione riabilitativa e sociale della pena, parte offre al lettore una constatazione tanto lucida quanto lapidaria sul sistema giuridico che il chiar.mo Prof. Santoro affida alle parole dell’Avvocato Gabriele Magno, presidente dell’associazione nazionale vittime degli errori giudiziari “Articolo 643”. “Ogni anno settemila italiani vengono incarcerati o costretti ai domiciliari e poi assolti per non aver commesso il fatto. Una parte di questi si rivale contro lo Stato, che mediamente riconosce l’indennizzo a una vittima su “quattro”.

Queste dichiarazioni mettono in evidenza tre colossali “talloni di Achille”: il ricorso eccessivo alla custodia cautelare, la mancata separazione delle carriere di pubblici ministeri e giudici e la rinuncia all’obbligatorietà dell’azione penale. Questi e molti altri aspetti sono stati introdotti ed enunciati dalla magnifica presentazione del consigliere Giorgio Poscia, Magistrato di Cassazione in servizio presso la Corte di Appello di Roma, che conferisce ancora più valore alla pubblicazione dell’insigne Avvocato e Professore Santoro. Nella introduzione al libro, il Magistrato Poscia illustra i dati allarmanti di una statistica che attesta l’esistenza di un eccessiva sproporzione della custodia cautelare. Stando alla statistica del Ministero della Giustizia, in 24 anni 24.000 innocenti sono finiti in carcere.

Sono numeri inauditi che attestano come il sistema penale sia compromesso e fallace per quanto riguarda il meccanismo delle misure detentive, la cui confusione nel loro utilizzo è ancora più fomentata da una cronaca giudiziaria non sempre puntuale ed informata. “Lo Stato sbaglia, dunque. E sbaglia tanto. Almeno a guardare i numeri del Ministero della Giustizia – si legge nel testo – Dal 1992 il Tesoro ha pagato 630 milioni per indennizzare quasi 25.00 vittime di ingiusta detenzione, 36 milioni li ha versati nel 2015, e altri 11 nei primi tre mesi del 2016” si legge nel commento del Magistrato Poscia che è contenuto all’interno del libro. Un sistema che oltre ad essere vulnerabile è molti molteplici aspetti ingannevole”.

“L’errore giudiziario vero e proprio è il caso in cui un presunto colpevole, magari condannato in giudicato, viene finalmente scagionato dalle accuse perché viene identificato il vero autore del reato. Situazioni che sono circa il 10% del totale. Il resto è alla voce di chi in carcere non dovrebbe starci: custodie cautelari oltre i termini, per accuse che magari decadono davanti al Gip o al Riesame” si legge nella presentazione al testo a cura del chiarissimo prof. e avv. Donato Santoro. E poi c’è il discorso del calo degli indennizzi, un “ridimensionamento – in linea con una sorta di spending rewiew- che viene dall’orientamento della Cassazione che applica in maniera restrittiva un codicillo per cui se l’imputato ha in qualche modo concorso all’esito della sentenza a lui sfavorevole – poniamo facendo scena muta all’interrogatorio non viene rimborsato”.

Questi e molti altri cavilli burocratici contribuiscono a rendere la giustizia “malata” e, sopratutto in campo penale – oggetto di una “criminologia criminale”. Il libro del docente Santoro parte da una ricostruzione storica e legislativa delle politiche penitenziarie italiane, procedendo attraverso un intreccio multidisciplinare che tra sociologia, filosofia ed antropologia psichiatrica, raccoglie in maniera organica tutti i pezzi di un mosaico complesso e delicato, che rischia di infrangersi sotto i colpi della mancanza di una reale progettualità riabilitativa post-detentiva.

Dal difficile reinserimento sociale nel contesto produttivo alla mancanza di politiche del lavoro e di sostegno alle famiglie dei detenuti, fino allo spinoso tema dei “permessi premio”, oggi la situazione degli ergastolani è particolarmente complicata. Dalla lettura del testo emerge che c’è anche per l’ergastolano una speranza per riuscire a varcare la porta del carcere; tant’è che lo stesso, dopo 10 anni, se ha regolare condotta, oltre alla liberazione anticipata concessa dal Magistrato di Sorveglianza (45 giorni di liberazione anticipata ogni semestre di detenzione) può usufruire dei permessi premio concessi dal Magistrato di Sorveglianza sino a 45 giorni all’anno; dopo vent’anni di usufruire della semilibertà concessa dal Tribunale di Sorveglianza; ed infine, dopo 26 anni, della libertà condizionale, che è la figura alternativa per eccellenza concessa sempre dal Tribunale di Sorveglianza. Questi benefici penitenziari di cui sopra esposti rispecchiano in toto l’art. 27 3 Comma della Carta Costituzionale, che testualmente recita: “la pena deve tendere alla rieducazione del condannato”.

Dalla lettura del testo dell’autore e dal commento della prefazione scritto dalla chiarissima Prof.ssa Psichiatra e Psicoterapeuta Valentina Russo, si evince come la criminologia negli ultimi anni abbia fatto passi da gigante. Si è passati dunque dall’analisi fisiognomica ed anatomo-patologica del criminale, quella analizzata da Cesare Lombroso, ad una evoluzione sociale della psichiatria, che pone al centro la persona con il proprio vissuto e le proprie emozioni (sofferenza, rabbia paura) che possono diventare il movente di un atto criminogeno, fermo restando l’importanza di una letteratura scientifica che attribuisce valenza anche ad alcuni aspetti genetici ed ereditari connaturati nel DNA. La criminologia è strettamente connessa alla Psichiatra, all’Antropologia, alla Sociologia e alla Giurisprudenza in un approccio multidisciplinare che deve valutare l’importanza della prevenzione del crimine prima che venga commesso e che si arrivi dunque alla pena. Tuttavia, col senno di poi, anche la pena è un fattore di fondamentale importanza soprattutto quando assume una funzione sociale e una valenza riabilitativa.

“Il Prof. Santoro – si legge nella prefazione della Chiarissima Professoressa Valentina Russo -analizza sapientemente la pena nell’evolversi del suo significato e del suo fine, mostrando di possedere non solo profonde nozioni giuridiche e storiche, ma anche la grande sensibilità che lo caratterizza come persona; in lui si sposano conoscenza del diritto, dominio della lingua italiana, padronanza della criminologia, profondo senso di umanità. Il criminologo (e l’uomo, in generale) che le possiede è già sulla buona strada per diventare un professionista eccellente” chiosa la psichiatra. Lo spessore umano prima ancora che professionale del Prof. e Avv. Donato Santoro si riscontra anche nella sua vita privata.

Il libretto “365 frasi d’amore per un amore: infinito”, è una raccolta di poesie e pensieri personali, scritti dall’autore assieme ai suoi figli, in cui si evince il profondo legame con la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, in una società in cui i valori vanno scemando. “Nei pochi momenti liberi che riesco a ritagliarmi dalla mia intensa attività di giurista e di studioso di materie giuridiche afferenti l’avvocatura– spiega il Prof. Avv. Santoro – coltivo l’amore per la poesia componendo liriche ed aforismi ispirati dalla natura e della realtà effettuale”. E sulla sua famiglia di origine aggiunge: “I miei genitori non possiedono una grande cultura, ma sono stati capaci, nella loro umiltà e con il loro amore, di trasmettere ai figli valori fondamentali quali la serietà, l’onestà, la sincerità, l’amicizia, il rispetto per le persone tutte, la dedizione alla famiglia – cosa non da poco in uno Stato di diritto, – e di piantare nei loro cuori i semi di grandi ideali” conclude l’avvocato e docente Donato Santoro.