L’ignoranza lucana

Il popolo lucano è un popolo d’ignoranti. Così ci ha definiti Levi durante il suo soggiorno in Basilicata e così ci vede il resto dell’Italia. Anche le ultime vicende legate al Covid-19 ci hanno descritti come una terra d’ignoranti egoisti, che alla prima occasione si sono riversati nelle stazioni ferroviarie e sono scesi giù, dai grandi paesi del Nord.

È un po’ come l’esempio delle scale. Quando si scendono delle scale è sicuramente meno faticoso di quando le saliamo. Quindi è semplice, nell’immaginario collettivo vedere queste orde di ragazzi impauriti scendere dai gradini dell’Olimpo e riversarsi nelle loro piccole realtà di campagna, al sicuro dal mondo civilizzato. Ma quello stesso mondo diviene poi terra di conquista durante le amate vacanza di quelli di su, che scendono giù sulle nostre spiagge, nelle nostre città d’arte, nelle nostre casette sperdute e piene di tranquillità. Così siamo noi meridionali per i settentrionali. Noi siamo quelli che scendono.

Non contano i sacrifici fatti per salire, l’economia che si muove grazie ai nostri ragazzi che salgono per studiare e lavorare. No, noi abbiamo il nostro marchio di fabbrica. Ma non dobbiamo disperare, ognuno ha il suo. La Basilicata quest’estate ha avuto un picco di visite turistiche che non si vedeva da anni, quindi mai come quest’anno deve essere stato fantastico scendere un po’ per tutti.

Quindi forse l’Italia Meridionale non è così povera e arretrata, analfabeta e bigotta. Senza infrastrutture. Senza servizi. Forse qualcosa di bello c’è da raccontare e la questione meridionale è ancora così viva nonostante gli anni continuino a passare per inerzia. Sono ancora così vive quelle frasi che parlano di questa terra di nessuno che è l’Italia meridionale.

“Che esista una questione meridionale – scriveva Giustino Fortunato – nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C’è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl’intimi legami che corrono tra il benessere e l’anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale.”

Semplicemente una formula matematica che porta a comprendere che le possibilità di una terra sono quelle che le dà l’uomo con la sua opera. La costruzione di fabbriche, d’infrastrutture, sono alla base di quelle possibilità. Ma dei ragazzi che devono salire delle scale per costruire un futuro, partono già svantaggiati nel gioco della vita e non per questo bisogna additarli come ignoranti.

L’ignoranza è altra cosa e va trattata con intelligenza. Sì, l’ignoranza va trattata con molta intelligenza se si vuole raggiungere un punto. Levi l’ha definita una terra oscura.

“In questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli”.

Il Cristo fermatosi a Eboli ha scritto pagine e pagine di libri di scuola, ma anche tante pagine sono state scritte da celebri scrittori lucani e non meno da altri meridionali. La storia quindi non è più maestra di vita, ma si limita a essere un insieme di post-it che ci ricordano questo e quello ma senza insegnarci nulla. Il presente è fratello del passato e il futuro, quello che cambierà le cose, chissà quando arriverà.