IL MONACO BIANCO: STORIA DI UN RIVOLUZIONARIO MANCATO

Il saggio storico di Gianni Maragno “L’anarchia Estetica”. Il Monaco bianco. Storia di un rivoluzionario mancato pubblicato nel 2003, ha affascinato Andrea Esposito, DJ di Radio Rust Station di Genova, venuto in vacanza a Matera.  La città dei Sassi e le sue peculiari vicende storico-sociali attraggono sempre di più l’attenzione di studiosi e artisti, tanto che il DJ genovese ha voluto realizzare un podcast. Nell’anno 2007, Maragno ha scritto una sceneggiatura per il cinema tratta dal libro che è stata presentata al Festival del cinema di Venezia. Protagonista del saggio è un personaggio locale molto importante per le conquiste civili in Basilicata. Luigi Loperfido o il “monaco bianco”, così soprannominato per quel pittoresco costume che aveva adottato, era un uomo dotato di grande carisma, convinto che chi avesse un grande intelletto potesse fungere da guida per gli intellettuali più umili. Il suo progetto affinché avesse degli adepti necessitava di un’immagine esteriore distinta in modo tale da poter colpire le menti catturando l’attenzione. Da bambino sensibile, emigrato in America insieme al padre adottivo, aveva conosciuto la miseria che si rispecchiava nei Sassi di Matera, ma aveva avuto la possibilità di riscattarsi. Un medico che aveva visto in lui un grande potenziale lo accolse in casa e lo fece studiare. Si avvicinò alle Scienze delle Arti facendo appello alla sua spiccata memoria visiva. Ogni volta che le sue mani affondavano nella creta informe e la materia incominciava a prendere vita con le sembianze di un personaggio storico, mitologico o del passato si sentiva un creatore. E Luigi Loperfido divenne il creatore di una nuova umanità animata da una volontà di giustizia sociale. I suoi ideali di bellezza e armonia cozzavano contro il degrado sociale dei contadini e degli operai della sua terra, affamati e oberati dalle tasse. Da sindacalista incitò a chiedere l’aumento salariale attraverso lo sciopero. Da predicatore esortò il distacco della Chiesa cristiana colpevole di disunire gli uomini proteggendo i più ricchi. Gesù Cristo era, invece, amico degli umili. E la vita di Cristo s’incarnava perfettamente nel contesto dei Sassi: una famiglia allargata e solidale che viveva di un’economia di sussistenza e costretta a convivere con la morte. Pagò lo scotto di voler risollevare le sorti di tutti con il carcere. Fu arrestato assieme ai contadini ribellatisi contro i latifondisti con l’accusa di istigazione e ribellione alla forza pubblica. In carcere agli ideali artistici subentrarono quelli del Vangelo sociale. Si ritrovò tra le righe del Quotidiano a vestire i panni del profeta e dell’eroe scomodo. Ma nel corso della sua vita non tradì il motto: “Un buon nome è meglio del buon olio e il giorno della morte è meglio del giorno della nascita”. Un nome per cui essere ricordato lo aveva spinto a raccogliere fondi per l’istituzione di una scuola intitolata il “Foro del Bello”, volta ad istruire gratuitamente i fanciulli poveri con una buona predisposizione allo studio delle Arti, delle Lettere e delle Scienze. Un riconoscimento non consolidatosi con la lotta sociale. A testimoniare che il giorno della morte è meglio del giorno della nascita fu la sua compagna di vita, additata come la moglie del monaco e come una signora di una fede diversa. Il giorno del suo funerale fu presenziato da tutta Matera: una donna discriminata per la sua religione aveva insegnato a leggere e a scrivere alla povera gente. Lei era riuscita dove lui era fallito: vivere in una dimensione etica cullandosi con l’eternità promessa da Dio.