Mamma Cannibale: “Carezze di ferro”

Mamma Cannibale è il nome di una band ed il titolo di un disco che se lo apri ci trovi un simpatico robottino blu serigrafato sul tondo del supporto fonografico. Con i suoi occhioni ipnotizzanti sembra fissare incredulo l’altra metà della custodia aperta; da quel lato effettivamente, sul retro del cartoncino a quattro facciate che fa da copertina, vi è una foto in posa con tanto di teschio. Nella loro inconfondibile tunica arancione i chitarristi Franco De Stefano e Fausto de Nicola, insieme al bassista LucTV 194iano Petruzzi, al batterista Luciano Brancati (attualmente sostituito da Sandro Laurenzana) ed al cantante Franky Centola sembrano raccontare il proprio sound attraverso una foto che sfuma su ombre metafisiche.
Definire il genere degli undici brani che compongono il cd si riduce ad un pensiero che si determina su un oggetto: assume il carattere di un’ipnosi e diventa, nel linguaggio logico, un idolo; nel campo della costruzione musicale e poetica, dunque, una sterile monotonia.

E’ un “ombra che fischia” a sancire l’apertura di quest’opera discografica, il primo brano “Le Mani” conduce nell’“aria nera” in vortici di “spirali degli ultimi scorci di primavera”, trascina nell’estate fatta di “vento che sfregia i muri bianchi” di ombre e corpi nudi. Questa canzone è una tela di Van Gogh dipinta da Tim Burton.
Il secondo brano “Let Me” è in inglese. Apre con un delizioso tappeto chitarristico ritmico e serrato costruito con gusto su effetti delay con contrappunto di basso e sfumata di arpeggi alla Joy Division. Il brano ha un sound evocativo, scorre sereno, ma con lentezze simulate, come i drappeggi complicati o le scintille solari del mare.
Chiudi Gli Occhi”, il terzo brano, si presenta con un riff di chitarra che ricorda le dinamiche Marshall ed il sound Les Paul tanto care a Slash nei tempi d’oro di “Sweet Child O’ Mine”. La canzone è un invito a “chiudere gli occhi per vedere”. La maggior parte delle volte si è condannati a percepire per mezzo dei concetti preconfezionati dell’intelletto piuttosto che attraverso le emozioni dei sensi.

I Mamma Cannibale in questo pezzo ci portano in dono le piccole cose, di cui il mondo da sempre è cieco. Non è una questione di retina, piuttosto è un fatto di lessico universale imposto, di codici che determinano le esistenze, che anestetizzano la percezione vera. Il pezzo offre anche lo scratch di Marco Morelli, il “sesto cannibale” (tastierista e dj) in una godibilissima improvvisazione: un momento di elevata accuratezza sonora.

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