HOTEL ROOM

HOTEL ROOM

Art by Michele Barbaro

Anno 1993
Di David Lynch, James Signorelli
Scritto da Barry Gifford, Jay McInerney
Musiche Angelo Badalamenti
Montaggio Mary Sweeney, David Siegel, Toni Morgan
Fotografia Peter Deming
Cast Harry Dean Stanton, Griffin Dunne,
Crispin Glover, Alicia Witt,
Deborah Kara Unger, Freddie Jones,
Glenne Headly, Chelsea Field,
Clark Heathcliffe Brolly,
Camilla Overbye Roos,
Mariska Hargitay, John Solari,
Carl Sundstrom, Patricia Norris,
Deborah Winship, Scott Cameron,
Michael Malone
Produzione David Lynch, Monty Montgomery,
John Wentworth, Deepak Nayar
Durata 97′
Titolo Originale HOTEL ROOM

“Live Forever” 7:14
Moby
Hotel (2005)

HOTEL ROOM

“Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela.”

Don DeLillo (1936)

Da una camera d’albergo, ventilatore acceso, è notte e in lontananza dalla spiaggia suoni ovattati di una qualche festa, risate, voci, e brutta musica. Una ragazza senza volto è appena andata via … io inizio a scrivere. Quelle luci soffuse, quell’atmosfera da “tempi di una volta”, quei dialoghi così ben scritti, un paradigma avantpop, stanze arredate con eleganza illuminate da lampade déco. Spiazza … in televisione di nuovo dopo “I Segreti Di Twin Peaks” David Lynch, ospite di se stesso in una “Camera D’Albergo” (location che userà spesso anche in futuro per dirigere commercials: Gucci by Gucci, “Opium” per Yves Saint Laurent e lo stupendo cortometraggio “Lady Blue Shanghai” griffato Dior). “Hotel Room”, miniserie per la rete satellitare HBO, un discorso continuato dopo “Cuore Selvaggio” che vede il mondo degli scrittori unirsi con quello cinematografico. Un esperimento composto da tre episodi, due diretti dal visionario artista di Missoula e uno dal giovane James Signorelli, il tutto poi montato come film unico per il cinema, della durata di un’ora e mezza circa. La sceneggiatura è curata da Barry Gifford (1946) che accompagna gli episodi di Lynch e da Jay McInerney (1955) per quello diretto da Signorelli. Gifford (anche poeta) è affermato, celebre, e ha già contribuito alla lavorazione di “Wild At Heart” sempre di Lynch, tratto da un suo romanzo omonimo; ha uno stile di scrittura che fonde noir e follia, in un miscuglio di paesaggi americani pulp. McInerney invece é un romanziere dallo stile più mondano (vedi “Le Mille Luci Di New York”, scritto singolarmente in seconda persona), abile nel raccontare le realtà giovanili negli ambienti urbani, con molti dialoghi, molti riferimenti modaioli. Le musiche dei tre segmenti sono state affidate al sempre presente Angelo Badalamenti, che si autodisciplina enormemente dando vita a partiture eleganti e poco invasive, perfette per l’atmosfera senza tempo della pellicola (la colonna sonora non è mai stata pubblicata purtroppo). L’eccellente lavoro sulle immagini è di un incredibile direttore della fotografia, Peter Deming, che qui dà un breve assaggio del suo talento alla prima con Lynch. Gli “inquilini” della stanza d’albergo numero 603 fanno faville: nel primo episodio, “Tricks” (“Clienti”) ambientato nel 1969, due probabili serial killer, due attori che con stili diversi di recitazione si divertono, magnifici, a contendersi una puttana, Harry Dean Stanton (“Moe”) e Freddie Jones (“Lou Boca”). Lo spietato “Lou” si sostituisce a poco a poco al suo socio, ha un disegno ben preciso per il povero e succube “Moe”, la polizia bussa alla porta, dopo una dislocazione perversa, un amaro risveglio! Nel secondo episodio: “Getting Rid Of Robert” (“Sbarazzandosi Di Robert”) ambientato nel 1992, nella camera 603 “Sasna” (una misurata Kara Unger) attende l’arrivo, con due amiche, dell’amante, quando questi si presenterà ecco scatenarsi una furibonda discussione (reciproca era l’intenzione di mollarsi) e qualcuno sarà colpito, dopo la scoperta di tradimenti su tradimenti. Il “Robert” del titolo, l’amante di “Sasna”, è interpretato da Griffin Dunne, attore poco conosciuto e molto sottovalutato, protagonista di due capolavori come: “Un Lupo Mannaro Americano A Londra” di John Landis e “Fuori Orario” di Martin Scorsese. Il segmento diretto da Signorelli (che cita apertamente il romanzo “Anna Karenina” di Lev Tolstoj) è il più debole dei tre, incerto sul registro da adottare, il poco ritmo non giova, il paragone con l’illustre mentore è un suicidio. “Blackout” … ritorna Lynch, perfetto:1936, “Danny” (uno strepitoso Crispin Glover) entra nella stanza 603 di un albergo, l’aspetta la sua giovane compagna “Diane” (Alicia Witt, intensa) … un black out ed è l’oscurità … i due accendono delle candele. “Diane”, afflitta da problemi mentali causati da un terribile trauma, racconta storie assurde, fugge dalla realtà (“sei partito per il Mar Rosso” diventa per lei: “sei partito per il Rosso del Mare”) e “Danny” ricorda il proprio passato. Atmosfera greve, senso di inquietudine, due anime sole che si amano, alle prese con i loro spettri. David Lynch dipinge una camera d’albergo surreale, lampade, tende, telefoni, poltrone … la numero 603, la respinge, l’attira, fa scorrere il tempo ma ferma la memoria di un ambiente (il fattorino e la cameriera sono interpretati sempre dagli stessi attori), forse cerca il nulla … e forse lo trova. In “Blackout” racconta una storia che non si vede, si percepisce un senso di sospensione, inganna lo spazio di “Danny” e “Diane” e prova una tenerezza incredibile nel filmarli, così uniti e soli in una metropoli buia e nera … ma il loro amore è luce, luce protetta da un bacio. Forse sono solo spettri. Per i fantasmi i fantasmi siamo noi … “Hotel Room”, un progetto fallito, una vicenda singolarmente simile per ambienti e atmosfere al bellissimo “Barton Fink – E’ Successo A Hollywood” (1991) dei fratelli Coen; una storia che parla di storie, di avvenimenti diversi accaduti a distanza di decadi nella stessa camera d’albergo, la 603. Il filo conduttore che lega i tre segmenti è la misura e il livello meta-testuale, preciso, letterario, tutto è raccontato in maniera semplice ma non facile. David Lynch è un genio esteta, cerebrale, che si é chiuso nella sua “Hotel Room” … in attesa dei capolavori a venire ci regala due ragazzi innamorati in una stanza senza luce, abbracciati in un abisso confuso in cui sogno e realtà si mescolano in un arabesco di follia … e scorrono gli anni, 1969 … 1992 … 1936 …

“L’omo é propio transito e condotto di cibo, sepoltura, albergo de’ morti, facendo a sé vita dell’altrui morte, guaina di corruzione.”

Leonardo Da Vinci (1452-1519)