A misura di donna

E’ da tempo che si discute sulla poco rosea condizione della donna in Italia. Condizione sulla quale ha infierito la crisi economica che le ha tagliate fuori dal mondo del lavoro insieme alle generazioni più giovani. Ma congiunture economiche a parte, quello che ancora scontano le italiane è il clima di maschilismo che detta regole sociali ad esso più congeniali. Il malcontento non è ovviamente recente. E’ da tempo, si potrebbe dire, che la donna fa i conti con questa condizione nonostante le leggi a sostegno dei sui diritti e la presenza sul territorio degli uffici delle pari opportunità. A che punto stiamo? La situazione è stata discussa lo scorso 11 marzo in un workshop intitolato “Donne e territorio. Il lavoro in – generA” tenutosi a Potenza presso il Museo Archeologico Provinciale. Un dibattito a più voci vertente su un progetto di Azioni Positive finanziato dal Ministero del Lavoro ai sensi della L.125/91. Promosso dall’Associazione Athena, dalla Cisl regionale, dalla CGIL e UIL provinciale, e dall’ufficio della consigliera di parità della Provincia di Potenza, il progetto analizza la condizione della donna sul proprio territorio al fine di favorire lo sviluppo delle politiche paritarie. Un monitoraggio che attraverso tre ambiti di intervento, la cultura di genere, le donne e il lavoro, la conciliazione, va a fondo al fenomeno rilevandone eventuali storture. Da quando è emerso, il quadro per le donne italiane e, nello specifico, lucane, non è confortante. Troppo peso hanno ancora stereotipi e preconcetti culturali sui ruoli che devono rivestire nella società. Vecchie concezioni che le donne devono scrollarsi di dosso evitando di trasferirle ai figli. Educarli alla parità già in famiglia, spiana il cammino fuori, quando da adulte, dovranno a giusto titolo proporsi per ruoli di responsabilità ulteriori alle politiche sociali e all’istruzione, per esempio. La nostra società è piena di professioniste competenti nei settori della progettazione, sanità, politica, industria, la cui direzione può dare contributi innovativi. Basta che venga data loro un’opportunità. Per quanto attiene al rapporto con il territorio, sappiamo che in Italia la percentuale delle lavoratrici è molto al di sotto di quella europea. La tendenza si acuisce se si raffronta con le regioni del sud, e la Basilicata non fa eccezione. Da noi, come in tutta Italia del resto, le donne sono molto istruite ma rivestono pochi ruoli direzionali, sono poco rappresentate in politica, trovano lavoro meno degli uomini e se sono madri, l’impiego diventa quasi un miraggio. Nascono meno bambini e la popolazione invecchia. Nella nostra regione sta crescendo la percentuale di ultra settantacinquenni che prima o poi avranno bisogno di cure, oggi garantite solo dalle donne. La conciliazione. Attualmente sono in vigore leggi che favoriscono l’incontro tra i tempi della famiglia e quelli del lavoro. Congedi parentali congiunti, flessibilità delle ore lavorative, aggiornamento per le madri che rientrano dopo la maternità. Ma affinché siano efficienti al massimo è necessario che queste misure, intanto vengano applicate da tutti e che abbiano il supporto esterno di politiche cittadine finalizzate al potenziamento del trasporto pubblico, per esempio, e all’aumento del numero degli asili. Ai fini della conciliazione possono risultare utili anche i centri per l’impiego pubblici, ora rinnovati e più snelli, che nel loro compito di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, possono cercare le soluzioni più consone alle lavoratrici. Permettere alla donna di lavorare, e bene, è un principio che ha ricadute positive per la comunità intera. Si è calcolato, infatti, che per 200 donne che lavorano si riescono a creare altri 15 posti di lavoro. E i vantaggi ovviamente sono anche per le famiglie che godono di più benessere. E’ conveniente, dunque, rimodulare strutturalmente la società sulle esigenze della donna. Anche perché i cambiamenti dei tempi stanno disegnando il nuovo volto della società, che diventa più anziana, e delle famiglie sempre più alternative a quelle tradizionali. Un mondo “a misura di donna” in questo, forse, è più adatto.