LA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE

La legge n. 59 del 13 febbraio 2006 nasce dall’opinione che ad una serie di fatti di cronaca relativi a violente aggressioni in abitazioni private e in pubblici esercizi a scopo di furto era corrisposta un’insoddisfacente applicazione della scriminante della legittima difesa.

A tal fine, onde dare un forte segnale di politica criminale teso ad attenuare la recrudescenza dell’allarmante fenomeno delle rapine in villa, ha introdotto due nuovi commi nell’articolo 52 del codice penale. Tuttavia tale novella essendo frutto di una legislazione emergenziale rischia al contrario di incrementare fatti penalmente rilevanti. Da una parte legalizzare la legittima difesa domiciliare e quindi l’autodifesa armata, se pure con arma detenuta regolarmente, in mancanza di desistenza dell’aggressore e in presenza del pericolo di aggressione, trasmette ai cittadini l’erroneo convincimento di potersi impunemente farsi giustizia da sé, dall’altra parte essa determina un aumento dell’aggressività nei criminali che, consapevoli di confrontarsi con vittime armate e combattive, saranno presumibilmente indotti a colpire per primi.

In realtà al di là delle polemiche che hanno accompagnato l’approvazione della nuova normativa , essa non modifica sostanzialmente la portata della scriminante per come era stata elaborata da dottrina e giurisprudenza. In fin dei conti la novella del 2006 ha solo recepito le conclusioni della giurisprudenza in punto di proporzione tra offesa e difesa e quindi non appare particolarmente innovativa. In concreto dunque adesso vi è una presunzione ex lege, assoluta per cui vi è proporzione tra offesa e difesa sia riguardo ai mezzi usati a disposizione dell’aggredito che riguardo ai beni giuridici in conflitto.